“SMALTI”: una mostra personale di ceramica
smalti
dal 15 aprile 2015 fino al 4 maggio
presso la
GALLERIA VITTORIA
via Margutta, 103
Roma
“ Per molto tempo ho tenuto accantonata in disparte la pratica della ceramica e degli smalti,
rinviando e rinviando il tempo per la dedizione a questa antica e nuova pratica.
Ne sono entrato a contatto molti anni fa, per l’insistenza fraterna – di fratello maggiore- del mio vecchio e caro amico Gianni Bruni.
Lui, sempre un po’ sornione- a me pareva tale verso di me- insisteva con dolcezza mentre io facevo il riottoso, essendo molto impegnato con la pittura ad olio che interminabile come la tela di Penelope mi teneva ( mi tiene ancora) imprigionato con i suoi tempi e le sue attese.
Ma Gianni mi ci portò dentro. Beninteso, a me piace rispettare le cose e quindi sempre e solo in punta di piedi gli sono entrato in casa, alla ceramica ed agli ossidi, senza presunzione alcuna e da neofita, almeno allora.
Ma avevo già deciso che volevo andare per smalti. E qui un altro amico, a cui chiesi soccorso da apprendista qual’ero, Ugo Paolelli, una specie di istituzione ceramistica almeno per noi, ma non solo per noi, mi disse: “ecco, tutto quello che vedi è a tua disposizione, prova pure”. Mi diede delle dritte, certo, che erano oro.
Fu la prima esperienza con lo smalto ma contemporaneamente ho conosciuto la cuerda seca ed a quel punto è stato come se io fossi stato una nota dispersa e mi fossi impigliato in un pentagramma teso ad aspettarla.
Lo smalto è splendore e la corda, appunto, il suo pentagramma. Tu metti il pigmento , che, crudo, ha un altro colore e nessuna luce e puoi solo immaginare quello che uscirà dal fuoco. Devi cercare tu stesso di non tradire te stesso per distrazione o sciatteria o stanchezza, perché l’inferno del forno non è tollerante o, se lo è, forse solo quando e come lo vuole.
Ma poi tutto è rimasto ad aspettare che mi decidessi.
Gianni Bruni se n’è andato una notte, di colpo, lasciando lacrime dietro di se e vuota la mia segreteria telefonica. Ma l’ultimo commiato, il suo commiato mentre io me ne andavo , era stato, vagamente ammiccante come sempre : “Fai la ceramica, Franco, fai la ceramica, dai…” agitando l’indice con innocenza.
Il tempo è arrivato, mi sono applicato.
Ecco qui del lavoro.
Qui torno su certi miei temi tradotti in altra materia ed annuncio una nuova promessa, perché sto lavorando sulla vecchia storia di un naufragio avvenuto nel 1431 ma la nave veneziana, la Querina, pur affondata verso il Circolo Polare Artico essendo partita da Creta non è mai morta e la memoria della vicenda è ancora in fermento.
Eccomi qua, come sempre sincero.
Ed è solo l’inizio. “
Franco Fortunato
Roma, Marzo 2015
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